Alcune precisazioni sulle bistecche di Repubblica
(di Antonello Cracolici, parlamentare regionale del Partito Democratico)
Evidentemente in questo periodo le campagne contro i politici vanno di moda, a prescindere da eventuali reati commessi. Oggi, infatti, ci troviamo di fronte ad un “falso scoop” di Repubblica in merito all’indagine sulle spese all’Ars: viene tirato fuori un rapporto vecchio di sei mesi, e si titola su alcune spese che non sono mai neppure state contestate dal magistrato che mi ha già ascoltato. Così, dopo le cialde e l’acqua minerale, ecco che arriva la bistecca (a proposito: non ho la più pallida idea di cosa si stia parlando…).
Proviamo a mettere le cose in ordine: alcune spese attribuite al sottoscritto relative alla scorsa legislatura all’Ars, alle quali si fa riferimento in un articolo pubblicato oggi sull’edizione palermitana di Repubblica, sono spese personali effettuate attraverso l’indennità che allora percepivo nella veste di capogruppo. Insomma, non ho usato i fondi del gruppo, ma la mia indennità personale: dunque i miei soldi.
Ho già risposto ai magistrati in merito alla modalità di funzionamento del gruppo PD della scorsa legislatura, improntata alla massima trasparenza e alla massima economicità: non a caso al termine del mio mandato da capogruppo ho lasciato oltre 800.000 euro di risparmi a chi è venuto dopo di me.
Non mi sono mai avvalso della facoltà di non rispondere in questa fase ancora preliminare dell’inchiesta, proprio perché non ho nulla da nascondere. E se il giornalista di Repubblica mi avesse contattato avrei risposto anche a lui, facendogli notare che se – come detto – alcune spese erano state effettuate con i miei soldi e non con quelli del gruppo, altre spese alle quali fa riferimento non sono neppure state prese in considerazione dal magistrato che mi ha ascoltato in Procura lo scorso febbraio, ed al quale ho risposto in relazione a tutti i punti che mi sono stati sollevati.
Detto questo, un’ultima riflessione: è inaccettabile che, con tanta leggerezza, si tenti di infangare la mia storia personale, fatta di onorabilità e rigore.