I miei cinque anni all’Ars, tra impegno e rimpianti

Nei giorni scorsi ho scritto alcune riflessioni sulla legislatura regionale che sta per chiudersi e sulla mia esperienza a Palazzo dei Normanni in qualità di parlamentare regionale del Partito Democratico. Sul sito “Repubblica.it” (pagina di Palermo) è stato pubblicato un articolo con alcune mie considerazioni e stralci di quell’intervento che avevo scritto, e che adesso pubblico qui di seguito in maniera integrale.  
 
Mercoledì 25 luglio, sono le 17,55 quando a Sala d’Ercole si verifica un evento quasi straordinario: si inizia a votare il “collegato”, il disegno di legge che contiene molte norme che inizialmente erano state inserite nella finanziaria. Si approva l’articolo 1, poi il 3, il 4, l’8, il 9, l’11. Al momento del voto sull’articolo 13 c’è una richiesta di verifica del numero legale: solo 36 presenti, l’Aula è rinviata di un'ora. Ricomincia il balletto.
Negli ultimi giorni si sono fatti sempre più serrati gli articoli di stampa che stigmatizzano l'inattività dell'Assemblea Regionale Siciliana tra dati, numero di sedute, deputati assenti o dissidenti e politica lenta. Da mesi si va avanti così, in uno stillicidio di attacchi all'Ars, ai deputati, ai politici. Se dicessi che per me è una sofferenza, mi attirerei ulteriori attacchi ironici o feroci sulla “sofferenza della Casta che non lavora”, per carità!
Non lo dico, non lo dirò, perché la verità è che sono profondamente arrabbiata e non con gli autori degli articoli, che fanno il loro lavoro snocciolando cifre impietose e indiscutibili, ma con chi ha permesso che tutto ciò avvenisse.
 
Sono il più peone dei peones, un "oplita della maggioranza" come amava definirci un illustre collega: in questi cinque anni sono stata un soldatino ubbidiente, convinta di far parte di una squadra in cui si cerca di marciare in una stessa direzione per cambiare in meglio questa nostra terra, bellissima e complicata.
 
Ho affrontato questa mia esperienza parlamentare con umiltà e soggezione, macchiata dal peccato originale di essere stata eletta nel listino frutto di un accordo di coalizione, e fedele ad un vincolo di appartenenza al progetto di un gruppo provinciale.
I dati delle presenze parlano chiaro e raccontano impietosamente chi ci è stato e chi no. Nessuno potrà accusarmi di appartenere alla categoria degli “assenteisti”, basta sfogliare il registro delle presenza in Aula come nelle Commissioni. Ma rimane il disagio di sentirsi caricata di responsabilità che non posso avere, rimane il dispiacere per una legislatura che certamente poteva essere migliore, in cui anche il buono che si è fatto è stato oscurato da una serie infinita di contrasti e crisi. E soprattutto rimane il dolore di vedere accusata di inutilità l'Istituzione che più di tutte rappresenta i cittadini siciliani. Questo è il peggiore dei danni: offrire il fianco a populismi e facili demagogie, delegittimare le Istituzioni democratiche, demolire le fondamenta del nostro vivere civile. Abbiamo il dovere di uno scatto di orgoglio, abbiamo il dovere di riporre le asce di guerra e spendere al meglio gli ultimi mesi della legislatura per approvare almeno poche norme significative. Il tempo per farlo c'è: bisogna volerlo, bisogna mettere da parte guerre di posizionamento, rimandare la propria campagna elettorale e dedicarsi con generosità ai lavori parlamentari. Si può fare, si deve fare. La mia esperienza parlamentare si chiuderà alla fine di questa legislatura. Me ne vado con la coscienza a posto, ho fatto il mio dovere.
 
Antonella Milazzo, parlamentare regionale PD
 
(nella foto di Mike Palazzotto, un momento della seduta di insediamento all'Ars il 5 dicembre 2012)