Precari. Mozione PD all’Ars. Maggio: il governo nazionale attivi strumenti straordinari per la Sicilia
“I percorsi individuati in questi anni si sono rivelati errati, bisogna cambiare strada: il governo regionale deve innanzitutto far comprendere al governo nazionale che in Sicilia la ‘questione precari’ ha caratteristiche profondamente differenti rispetto alle altre regioni italiane, quindi servono soluzioni specifiche”: con una mozione, primo firmatario il deputato Mariella Maggio e sostenuta dal gruppo Pd dell'Ars, i democratici impegnano il governo a tracciare un nuovo percorso per la stabilizzazione dei 20mila precari degli enti locali (ma un dato reale non esiste, cosi' come una mappatura completa), agganciandolo a quello definito nella risoluzione gia' depositata in commissione Lavoro alla Camera dal parlamentare Maria Iacono (Pd).
I contenuti della mozione sono stati presentati in conferenza stampa all'Ars dai deputati regionali Mariella Maggio e Antonella Milazzo e dal deputato nazionale Maria Iacono. Per realizzare il percorso che prevede interventi complessi, il Pd propone innanzitutto 'la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato per un periodo di tre anni, rimanendo tuttavia invariati i saldi finanziari'. I contratti dei precari scadranno infatti a fine dicembre. Si prevede la stabilizzazione 'solo per rapporti di lavoro strettamente necessari ad assicurare la funzionalita' degli enti, sulla base di dotazioni organiche rideterminate', oltre 'all'estensione della possibilita' di partecipare alle selezioni interamente riservate agli interni inquadrati in categorie per le quali e' richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, anche al personale inquadrato in categorie superiori e l'affermazione della non applicabilita', solo per tale tipologia di assunzione, del principio di adeguato accesso dall'esterno'.
Per i precari inquadrati nelle categorie C e D 'una ulteriore chance con la previsione di concorsi pubblici unici banditi dalle Regioni, anche per ambiti provinciali, finalizzati alla formazione di graduatorie di idonei, con valorizzazione, mediante apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata, con obbligo per le stesse Regioni ed i relativi enti territoriali di utilizzare la graduatoria per la copertura di posti vacanti e con previsione di possibile convenzionamento, per l'utilizzo delle stesse graduatorie, da parte di amministrazioni dello Stato per la copertura di posti nelle sedi ubicate nelle rispettive Regioni'. Inoltre, 'consentire la mobilita' dei singoli dipendenti presso la stessa od altre amministrazioni anche di diverso comparto' e 'la rimozione significativa di ostacoli che, in atto, impediscono agli enti locali di attivare procedure di stabilizzazione, attraverso l'inapplicabilita''.
STABILIZZAZIONE DEI PRECARI DEGLI ENTI LOCALI
SCHEDA SINTETICA DELLA MOZIONE
Precari degli enti locali: chi sono
La storia del precariato in Sicilia è ormai ultraventennale.
Si tratta di persone provenienti dal bacino dei lavoratori socialmente utili che da circa un decennio gli enti locali, rinunciando a qualsiasi procedura concorsuale, utilizzano, con costi assunti in gran parte dalla Regione, con contratto a tempo determinato ma per esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario degli enti.
La funzionalità di settori strategici degli enti è assicurata da gran parte del personale a tempo determinato che ha già sostituito il personale a tempo indeterminato nel frattempo andato in quiescenza.
Le posizioni di ruolo oggi presenti negli enti locali della Regione Siciliana non consentono di assicurare la funzionalità degli stessi, conseguentemente il venir meno dell'apporto di detti lavoratori provocherebbe inevitabilmente il collasso funzionale degli enti.
Quanti sono
23 mila circa
Si tratta di numeri orientativi poiché la stessa Regione non ha mai effettuato un censimento dal quale trarre numeri certi per le diverse tipologie contrattuali. Da questa verifica dovrà partire qualsiasi percorso di stabilizzazione.
Cosa è successo finora
Tutti i tentativi del legislatore regionale di procedere alla stabilizzazione di questo personale si sono infranti, anzitutto, contro l'orientamento consolidato della Corte Costituzionale che nella fattispecie non ammette deroghe al pubblico concorso, nonché contro i limiti imposti dal rispetto del patto di stabilità interno e gli innumerevoli vincoli assunzionali introdotti nell'ultimo quinquennio dal legislatore nazionale, finalizzati a contenere la spesa del personale che, come è noto, costituisce una delle principali cause del disavanzo dello Stato .
A ciò deve aggiungersi l'obbligo per gli enti locali (introdotto di recente dalla normativa sulla c.d. spending rewiew) di rideterminare le dotazioni organiche tenuto conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente, che costringerà, verosimilmente, molti enti locali siciliani ad attivare la procedura di eccedenza con la messa in disponibilità di personale di ruolo (altro che stabilizzazioni!).
Ed allora, non è più tempo di continuare ad illudere, lo si è fatto per ben 23 anni. Una vastissima platea di lavoratori nell'aspettativa della stabilizzazione, promessa e mai mantenuta, ha fondato la propria vita: ora è tempo di mettere in campo soluzioni giuridicamente inattaccabili.
Sicuramente non praticabile la conversione, sic et sempliciter, dei rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato o selezioni esclusivamente riservate ai precari o, ancora, l'introduzione di formule di stabilizzazione affidate alla costituzione di società pubbliche di servizi (soggette, dalla normativa vigente agli stessi vincoli prescritti per le Regioni e per gli enti locali) o a ruoli unici regionali finalizzati ad aggirare la regola costituzionale, inderogabile, del concorso pubblico per l'accesso nella P.A. o, peggio, proroghe senza limite di quinquennio in quinquennio per accompagnare i precari alla pensione, introducendo di fatto nell'ordinamento una nuova tipologia di rapporto di lavoro e cioè il "rapporto di lavoro a temine con effetti indeterminati".
Ipotizzare soluzioni già oggetto di rilievi da parte del Commissario dello Stato, dando per scontata l'impugnativa, per poi sperare in una successiva declaratoria favorevole della Corte Costituzionale allontana ancora una volta la soluzione del problema, posto che tutti, ma proprio tutti i giudizi di costituzionalità riguardanti disposizioni regionali derogatorie alla procedura concorsuale e al principio di adeguato accesso dall'esterno si sono conclusi con dichiarazioni di illegittimità. Ovviamente, i principi costituzionali risultano ineludibili anche dal legislatore nazionale. Occorre dunque, piaccia o non piaccia, mettere in campo soluzioni "costituzionalmente orientate" che magari non risulteranno "a prima analisi" pienamente rispondenti alle aspettative degli interessati ma che hanno, si ritiene, il pregio di essere giuridicamente inattaccabili e che, ci si augura, risolveranno nel medio periodo il problema del precariato nel comparto Regioni – Enti locali dove si registra la maggiore presenza.
Non si può non evidenziare che per costante orientamento della Corte Costituzionale la materia della stabilizzazione dei precari, incidendo sull’ordinamento civile, è attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che le diverse prescrizioni di contenimento della spesa del personale e i conseguenti limiti assunzionali introdotti, costituendo principi di coordinamento della finanza pubblica, risultano inderogabili anche da parte delle Regioni a statuto speciale e affermano il primato della potestà normativa statale anche in tale ambito.
Risulta evidente che ben pochi margini di manovra residuano in capo alla legislazione regionale.
La legislazione statale in materia, dopo una prima fase nella quale era prevista la possibilità di stabilizzazione diretta dei precari, cioè prescindendo dai concorsi pubblici, ritenuta non conforme ai principi costituzionali, ha previsto, nel triennio 2010 – 2012 una riserva di posti nella misura del 40% nei concorsi pubblici a favore dei titolari di un rapporto a tempo determinato che hanno maturato almeno tre anni di servizio e la valorizzazione, nei concorsi pubblici, con apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata dal medesimo personale.
Le legge di stabilità 2013 reintroduce la stessa normativa facendo assumere alla disposizione carattere di principio generale cui deve conformarsi tutta la pubblica amministrazione.
Tutto ciò avrà sicuramente un'incidenza marginale in tutte quelle realtà, come la Sicilia, dove la presenza dei lavoratori precari è elevata. Le stesse non agevoleranno, nel medio periodo lo svuotamento, neanche parziale, del bacino dei precari.
Si pensi che, con il meccanismo della riserva, l'unico in atto consentito in quanto non lede il principio di adeguato accesso dall'esterno, per favorire la stabilizzazione di soli 8 precari inquadrati nelle categorie C e D ciascun Comune dovrebbe bandire un concorso per 20 posti di cui 12 da assegnare all'esterno, con un costo a carico del bilancio comunale di circa 400.000 euro, e 8 agli interni (applicando la percentuale massima di riserva del 40 %). E ci si sta riferendo a soli 8 precari, quando è noto che il numero dei precari presenti in ciascun ente è di gran lunga superiore.
Tuttavia, non sono più tollerabili situazioni illegittime e proroghe sine die: lo impone la UE che ha aperto due procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese.
Occorre trovare soluzioni compatibili per la salvaguardia dei livelli occupazionali e il momento, paradossalmente, è favorevole posto che nelle linee programmatiche del nuovo Governo la questione lavoro è considerata prioritaria rispetto ad ogni altra questione.
Cosa fare
Occorre un cambio di strategia volto all’adozione di un pacchetto di misure da adottarsi in sede nazionale che, col sostegno del governo regionale, preveda:
1 – la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato, per un periodo triennale, ritenuto sufficiente per realizzare il percorso verso la stabilizzazione dei rapporti a tempo determinato in essere, rimanendo tuttavia invariati i saldi finanziari;
2 – la stabilizzazione solo per rapporti di lavoro strettamente necessari ad assicurare la funzionalità degli enti, sulla base di dotazioni organiche rideterminate;
3 – l'estensione della possibilità di partecipare alle selezioni interamente riservate agli interni inquadrati in categorie per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, anche al personale inquadrato in categorie superiori e l'affermazione della non applicabilità, solo per tale tipologia di assunzione, del principio di adeguato accesso dall'esterno;
4 – di fornire per i precari inquadrati nelle categorie C e D una ulteriore chance con la previsione di concorsi pubblici unici banditi dalle Regioni, anche per ambiti provinciali, finalizzati alla formazione di graduatorie di idonei, con valorizzazione, mediante apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata, con obbligo per le stesse Regioni ed i relativi enti territoriali di utilizzare la graduatoria per la copertura di posti vacanti e con previsione di possibile convenzionamento, per l'utilizzo delle stesse graduatorie, da parte di amministrazioni dello Stato per la copertura di posti nelle sedi ubicate nelle rispettive Regioni;
5 – di consentire la mobilità dei singoli dipendenti presso la stessa od altre amministrazioni anche di diverso comparto;
6 – la rimozione significativa di ostacoli che, in atto, impediscono agli enti locali di attivare procedure di stabilizzazione, attraverso l'inapplicabilità, in particolare:
A – del limite assunzionale del 40% con riferimento alle cessazioni intervenute nell’anno precedente (per gli enti soggetti al patto di stabilità interno) e il limite delle assunzioni in relazione alle cessazioni intervenute nell'anno precedente ( per gli enti non soggetti al patto);
B – del limite massimo del 50% delle risorse disponibili (secondo rigidi paletti fissati dai documenti di finanza pubblica) per l’attivazione delle procedure concorsuali con riserva di posti solo al 40% in favore dei precari;
C – del principio all’accesso dall’esterno solo per i posti per i quali è richiesto il requisito della scuola dell’obbligo;
D – del computo del contributo regionale per la proroga dei precari ai fini del rispetto del limite strutturale e del limite storico: uno che impone che l’incidenza delle spese di personale sia inferiore al 50% delle spese correnti, e l’altro che sancisce che le spese per il personale non devono superare quanto speso nel 2008;
E – abrogazione della norma inserita nella legge sulla spending rewiew che dispone di rideterminare le dotazioni organiche secondo parametri di virtuosità tenendo conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente che verosimilmente determinerà una pesante limitazione al numero delle possibili stabilizzazioni.